Anche se parliamo di piante, parliamo di biotecnologi… di quelli un po’ speciali.
Agrobacterium tumefaciens è un batterio che causa nelle piante che colpisce (e che sono tante, dalla rosa al pesco, alla vite e molte altre ancora) la comparsa di tumori, cioè di neoformazioni dovute ad una anomala produzione cellulare. Questi tumori si formano prevalentemente a livello delle radici e del colletto delle piante ospiti.
Una delle caratteristiche peculiari di questo batterio fitopatogeno, che ha fatto di lui un biotecnologo vero e proprio, sta nella sua capacità di “trasformare” le cellule normali delle piante ospiti in cellule tumorali. Avvenuta, nel giro di 1-2 giorni, questa “trasformazione”, le cellule tumorali cominciano ad accrescersi e a dividersi in modo anomalo. Questo accrescimento anomalo, che dà luogo alla formazione dei tumori, avviene indipendentemente dalla presenza del batterio. Questa trasformazione delle cellule normali in cellule tumorali è dovuta al passaggio di frammenti di DNA plasmidico dalla cellula della pianta ospite.
L’agrobatterio patogeno, infatti, possiede il plasmide T1. Questo plasmide non è altro che un DNA circolare, di cui una porzione viene trasferito nella cellula vegetale, integrandosi in un suo cromosoma. La presenza di questo plasmide ha scatenato l’interesse dei ricercatori: di fatto questo plasmide T1 altro non è che un vettore formidabile di materiale genetico che, come tale, è stato utilizzato per anni dai biotecnologi, fino a che non sono stati messi a punto dei plasmidi più piccoli.
Del resto questo batterio presenta anche altre peculiarità. Nei suoi confronti, infatti, è stato messo a punto il modello di lotta biologica che, a distanza di anni, rappresenta forse il caso di maggiore successo.
Un altro agrobatterio, infatti, Agrobacterium radiobacter, rappresenta un formidabile antagonista del patogeno. Un ceppo particolare, il K84, isolato da un ricercatore australiano,A. Kerr, risulta in grado di contenere il batterio fitopatogeno, colonizzando i siti di attacco, a livello radicale.
Il batterio antagonista, inoltre, produce batteriocine (cioè sostanze attive nei confronti dei batteri), capaci di inibire lo sviluppo del patogeno.
Tratto da Spore (2014) di Maria Lodovica Gullino. Daniela Piazza Editore