La caratteristica che accomuna tutti questi patogeni del terreno è la tendenza ad aumentare di numero nel terreno, coltura dopo coltura, in assenza di rotazioni, che dovrebbero essere molto lunghe, per fornire qualche risultato. E’ questo un grave problema per le coltivazioni cosiddette intensive, ad esempio orto-floricole, ove una coltura segue la precedente, talvolta più volte nello stesso anno. Ed è comunque un problema per tutte quelle forme di agricoltura praticate su superfici limitate ove è impossibile pensare di lasciare i terreni non coltivati per molti anni. Di qui deriva l’esigenza di contrastare l’accumulo di questi patogeni nel terreno, con metodi diversi, spesso molto drastici, messi a punto nel corso degli anni.
Per fortuna nel terreno esistono anche i microrganismi “buoni”, cioè funghi e batteri che, con modalità diverse, riescono in misura minore o maggiore, a contrastare lo sviluppo di alcuni funghi patogeni).
Ma nel suolo non ci sono solo microrganismi, ci sono anche altri organismi animali e, soprattutto, ci sono le radici delle piante, coltivate e non che, con i loro essudati, possono attrarre o respingere i patogeni; insomma, un mondo molto complesso, difficile da studiare, perché così subdolo e nascosto, così difficile che, a volte, per evitare la complessità del terreno, si prova perfino a coltivare senza suolo.
Tratto da Spore (2014) di Maria Lodovica Gullino. Daniela Piazza Editore